Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/361

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di rivedervi. Ringrazio con tutto il cuore il Signore che nei vri viaggi non siavi accaduto mai niente di sinistro, perchè noi ne avremmo risen- tita una pena incomprensibile. Io per misericordia di Dio passai quel pericolo senza avvedermene allora, e senza raccapricciarne in appresso. Anche qui abbiamo avuto, a tutto jeri, giornate pessime, non per la neve, ma per il freddo e l’acqua. Desidero che il freddo di costà non vi pregiudichi, ed abbiatevi cura. Oggi assistendo ad un incanto di Libri, alcuni al sentire il mio nome, mi hanno domandato se mi appartenevate, e me ne hanno applaudito. Fra gli altri un Agostiniano De Antoniis, che dice avervi veduto a Bologna.2 Gli Antici vi salutano cordialm.*. Voi salutatemi i fratelli ed abbracciate particolarm.c Carlo. Ancora non ho veduto il suo carat- tere. Assicuratelo che mi riuscirà gratissimo perchè lo amo con tutto il cuore, ancorché Iddio mi abbia mandata col suo mezzo sufficiente tristezza. Assicuratelo di più che se nel suo sventurato impegno sua Madre ed io non vedessimo altro che il nostro scontento, avremmo il coraggio di sacrificarlo alla sua felicità, alla quale però non provve- deremmo affatto cambiando la nostra risoluzione. Spero che un giorno ne rimarrà convinto, se non lo è già a quest’ora. Addio mio caro Gia- como. Vi abbraccio, e vi benedico di cuore. Il vro Aff.° Padre.

1415. Di Vincenzo Gioberti.
[Di Torino, alli 12 del 1829.]

Illustriss.0 Sig. Conte, ed Amico pregiatissimo. Io peno grandemente nel dar principio a questa lettera, quantun- que il desiderio di trattenermi colla persona a cui è indirizzata, di sapere delle sue nuove, e di mitigare a qualche modo il dispiacere d’esserne lontano, sia grandissimo. Signor Conte, voi mi avete comandato prima che io partissi di scrivervi, usando quella famigliarità di modi, che si suole tra gli amici, ed evitando quelle forme che mal s’addicono alla nativa indole della nostra lingua, e quegli spagnuolismi, come voi mede- simo diceste, che recano impedimento alla franchezza del conversare. Quanto io sia vago d’ubbidirvi, e di comunicare con voi alla libera, non è d’uopo che ve lo dica; ma d’altra parte io temo di passare per