Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/390

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1436. Di Pietro Colletta.
Livorno 25. Febb. 1829

Amico mio Il vostro foglio dell’11.,1 ricevuto jeri l’altro (vanno le nostre let- tere lentamente o impedite) mi ha istruito delle vostre determinazioni, ed io perciò vi ringrazio di questo segno di confidente amicizia. Era meco il Capponi, venuto da Firenze per consolare la mia solitudine (perchè tra molta gente io qui sto solo), e con lui ragionando delle vostre cose, che direi meglio cose nostre, si videro certe possibilità, delle quali v’informerò dopo il mio ritorno in Firenze. Abbiamo speranza che si possa tenervi con noi, occupato di tali cose che non turbino la vostra libertà, e dieno per fin luogo alle ragioni tiranniche della mala salute; non confidando che non sieno esercitate. Lascerò Livorno il dì 5. marzo; mi diriggerete a Firenze le vostre lettere. Ne riporterò salute più che mediocre, ma il pentimento di non aver punto lavorato. Desidero di giugnere al fine della mia fatica; e mentre vedo che non bastano altri due anni alla composizione, un terzo alle correzioni, un quarto alla stampa, numero gli anni di vita, misuro le forze della salute, e mi viene sgomento. Speriamo bene. Quando Voi foste meco a Firenze, aspetterei qualche abbreviatura al terzo anno; Voi correggendo i miei libri fatti, al tempo stesso che io scriverò i nuovi. Leggerò con piacere la continuazione de’ titoli delle opere che avete in animo di scrivere. Iddio ve ne conceda le forze per vostra gloria, nostro bene, ed onore d’Italia. Dei titoli che mi avete comunicati due mi fanno gola: Parallelo della civiltà degli antichi e di quella de’ moderni: Trattato delle passioni e de’ sentimenti degli uomini. Mi pare che la vostra figliuola prediletta sarebbe la Natura degli uomini e delle cose; ma io, smarrito nella vastità del soggetto, non ho saputo conce- pire il vostro proponimento. In quanto alla civiltà credo ancor io che i moderni, dicendo di acquistare, solamente ricuperano parte del per- duto: ma in ogni cosa? No, caro amico; se ho della civiltà giusta idea, noi non siamo meno civili de’ nostri antichissimi, ne’ costumi, nelle applicazioni delle scienze, e per fino in qualche parte della politica; per quanto infinitamente inferiori nella politica generale, cioè negli ordini della società; e soprattutto nel sentimento della dignità umana. Vedo che sto parlando confusamente, ma come potrei esser chiaro in