1436. |
Di Pietro Colletta. |
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Amico mio
Il vostro foglio dell’11.,1 ricevuto jeri l’altro (vanno le nostre let-
tere lentamente o impedite) mi ha istruito delle vostre determinazioni,
ed io perciò vi ringrazio di questo segno di confidente amicizia. Era
meco il Capponi, venuto da Firenze per consolare la mia solitudine
(perchè tra molta gente io qui sto solo), e con lui ragionando delle vostre
cose, che direi meglio cose nostre, si videro certe possibilità, delle quali
v’informerò dopo il mio ritorno in Firenze. Abbiamo speranza che si
possa tenervi con noi, occupato di tali cose che non turbino la vostra
libertà, e dieno per fin luogo alle ragioni tiranniche della mala salute;
non confidando che non sieno esercitate.
Lascerò Livorno il dì 5. marzo; mi diriggerete a Firenze le vostre
lettere. Ne riporterò salute più che mediocre, ma il pentimento di non
aver punto lavorato. Desidero di giugnere al fine della mia fatica; e
mentre vedo che non bastano altri due anni alla composizione, un terzo
alle correzioni, un quarto alla stampa, numero gli anni di vita, misuro
le forze della salute, e mi viene sgomento. Speriamo bene. Quando
Voi foste meco a Firenze, aspetterei qualche abbreviatura al terzo anno;
Voi correggendo i miei libri fatti, al tempo stesso che io scriverò i nuovi.
Leggerò con piacere la continuazione de’ titoli delle opere che avete
in animo di scrivere. Iddio ve ne conceda le forze per vostra gloria,
nostro bene, ed onore d’Italia. Dei titoli che mi avete comunicati due
mi fanno gola: Parallelo della civiltà degli antichi e di quella de’
moderni: Trattato delle passioni e de’ sentimenti degli uomini. Mi pare
che la vostra figliuola prediletta sarebbe la Natura degli uomini e delle
cose; ma io, smarrito nella vastità del soggetto, non ho saputo conce-
pire il vostro proponimento. In quanto alla civiltà credo ancor io che
i moderni, dicendo di acquistare, solamente ricuperano parte del per-
duto: ma in ogni cosa? No, caro amico; se ho della civiltà giusta idea,
noi non siamo meno civili de’ nostri antichissimi, ne’ costumi, nelle
applicazioni delle scienze, e per fino in qualche parte della politica;
per quanto infinitamente inferiori nella politica generale, cioè negli
ordini della società; e soprattutto nel sentimento della dignità umana.
Vedo che sto parlando confusamente, ma come potrei esser chiaro in