Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/450

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onorevole sovrano decreto richiamato mio marito; e quella mia gita aveva per iscopo di dar sesto ad alcune cose pel nostro ripatriare. Eccovi un motivo di più perchè voi accettiate l’offerta mia e di Tommasini, di venire a stare con noi finché il cielo vi si cangi in propizio. Godrete con noi d’una bellissima campagna, e intanto Maestri (che ha già da tempo cominciato le sue pratiche) e Tommasini procureranno con tutto l’ardore della sincera amicizia di esservi utili. E lo sperano essi, e lo spero anch’io; e dovete anche voi non disperare. Perdonatemi, mio caro amico se ripeto col cuore un’esibizione, che non mi ardirei di farvi, se non vi conoscessi cosi buono amico, come siete gran filosofo e scrit- tore. Non vi sia d’ostacolo il difetto di mezzi: non avete che a darmi un cenno di ciò che vi può essere necessario, perchè io cerchi di prov- vederci il meglio. Nè voi dovete avere alcuna difficoltà ad usare della nostra amicizia nel modo che noi useremmo della vostra in simili cir- costanze. Ma io temo che non ci sia un più doloroso e difficile impe- dimento: dico la vostra salute inferma. Procurate, caro amico, con ogni diligenza di ristabilirvi. Il che vi auguro con tanto più vivo desiderio questa volta, quanto che ciò vi è necessario al mettervi in viaggio. Tom- masini, e Maestri vi abbracciano caramente: l’Emilietto e la Clelietta v’inviano mille baci; ed io vi saluto coll’anima. Addio. P. S. Attendo con amichevole impazienza un vostro riscontro il quale mi parli e della vostra salute e delle cose di che vi scrivo. La vostra Antonietta Tommasini Bologna 9. agosto 1829. Amico veneratissimo e caro; non partirà questa lettera senza almeno due mie parole; non già per darvi sicurtà del quanto io vi ami tenera- mente, pensandomi che voi abbiate ad esserne persuaso. Ma per dirvi che l’ultima vostra all’Adelaide con quelle tristi notizie sì della vostra salute, e sì del vostro animo mi ha sconfortato grandemente. Oh se i voti e le lagrime fossero di alcun prò! So che voi non siete meno tran- quillo: ma io non posso esserlo. E comechè la storia di tutti i tempi m’insegni che il retaggio degli uomini grandi sono le persecuzioni e le sventure; pure non so accomodarmi a vederlo in fatto, e al duro spettacolo me ne prende ira e indignazione. Imaginate ora quanto mi dolga l’animo in sentire che voi soffrite tanto, voi sì buono amico e sì caro, voi, dal quale io aspettavo ed aspetto e benefizi e gloria alla nostra Italia! Di che argomenterete altresì come io abbia provato e