di proprio pugno. Venite dunque, mio buon amico, il più presto che
potrete: noi vi aspettiamo a braccia aperte. E se potete avvisateci del-
l’epoca della vostra partenza, e del giorno dell’arrivo a Firenze. Siamo
nella stagione delle gite fuor di città, e non vorrei non trovarmici
quando arrivate. Addio, vi abbraccio di tutto cuore, ed alla gentilis-
sima signora Paolina vi prego far gradire i miei saluti rispettosi.
V.
Mio caro Generale
Nè le condizioni mie sosterrebbero ch’io ricusassi il benefi-
zio, d’onde e come che mi venisse, e Voi e gli amici vostri sapete
beneficare in tal forma, che ogni più schivo consentirebbe di
ricever benefizio da’ vostri pari. Accetto pertanto quello che
mi offerite e l’accetto così confidentemente, che non potendo
(come sapete) scrivere, e poco potendo dettare, differisco il rin-
graziarvi a quando lo potrò fare a viva voce, che sarà presto,
perch’io partirò fra pochi giorni. Per ora vi dirò solo che la vostra
lettera, dopo sedici mesi di notte orribile, dopo un vivere dal
quale Iddio scampi i miei maggiori nemici, è stata a me come
un raggio di luce, più benedetto che non è il primo barlume
del crepuscolo nelle regioni polari.
Io abitai costì tre mesi in via del Fosso (che è confusa per
lo più con via Fiesolana), al num.° 401, primo piano, con certe
signore Busdraghi, buone persone, e discrete. Se avrete tanta
bontà di mandare a queste a chiedere se hanno camera per me
che sia disoccupata, e in caso che l’abbiano, farmene avere avviso
a Bologna, mi farete cosa carissima ed utile, perch’io andrò diritto
a smontare a quell’alloggio. In caso che non l’abbiano, baste-
rebbe, senz’altro scrivere, che vi compiaceste di fare avvisare
quelli della Fontana che vedano di tenermi libera la camera che
io abitava.