Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/509

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noia dopo tanto silenzio; e scusa la brevità: saprai che non posso più scrivere. Dammi le tue nuove, amami, e credimi come un tempo tuo sincero amico Giacomo Leopardi

1559. Di Antonio Papadopoli.
Di Venezia alli 16 di Agosto 1830.

Mio caro Giacomo Io non ti parlo punto del dolore, che mi diede l’intendere, che tu sei così sfinito di salute, e così assediato dal bisogno. Oh Giacomo mio! perchè non posso io disvilupparti dai lacci della miseria, che certo ti vedrei riavuto delle tue malattie! Se tu avessi ferma salute, o almeno non così svigorita, ti direi che questo inverno tu venissi a Venezia; ma come ti converrà questo clima? in somma io vorrei che tu mi comu- nicassi il tuo divisamento. Anche questa tua miseria per colmare la vergogna d’Italia. Senza che io vada frugando soscritori, mandamene un cinquanta esemplari, e se vuoi il danaro scriverò al Fenzi perchè te lo paghi. Nella povera offerta che ti faccio, avrai indizio del come sia munto il mio borsellino. Ho già mandato qua e colà il tuo manife- sto a cerca di sozi; ma qui l’alfabeto non allega. Dalle poche parole, che mi scrivi, entro in sospetto, che tuttavia ti dia fastidio quella cispo- sità, che prima a Bologna ti dava noia. Non ti parlo di studi perchè la tua salute ti vieta anche questo sol- lievo. Se non puoi scrivermi di colpo, due linee il giorno concedi al tuo amantissimo Tonino, che sempre ti ha amato del suo miglior amore, e che ti ha riverito come uomo di singolare ingegno, e di miracolosa erudizione. Ti ricordi quando mi porgesti aiuto e soccorso, insegnan- domi alcuna cosa di Greco? Ti assicuro che io spesso di te mi ricordo, e del guadagno che io cavava dalla tua amicizia. Ti risovvieni della mia traduzione di Cornelio Nipote alla quale tu ed il Costa faceste sì buon viso? Quante cose ti vorrei dire, ma bisognerebbe che io potessi venir costà, chè sono cose da dire di presenza, se non si vuol scrivere un volume in cambio di una lettera. La mia salute va migliorando, ma i miei nervi non sono tranquilli, nondimeno mi affaticano meno di prima. Sta’ sano, amami, e credimi tuo amicissimo Papadopoli