Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/512

Da Wikisource.
1562. A Paolina Leopardi.
[Firenze] 21 Agos. [1830]

Cara Pilla. Mi duole assai assai che sia perduta la mia a Babbo degli 8 Luglio,1 ch’era lunga p[er] cinque delle solite. Non avendo fogli francesi nè inglesi, non credo possibile che alcun di voi, nemmeno p[er] approssimaz., si formi un’idea vera della rivol. di francia, nè dello stato presente d’Europa, nè del pro- babile futuro. Me ne sono stati promessi alcuni della Quoti- dienne, giornale realista: avendoli, ve li manderò. Cosa incredibile! il mio abito turchino ridotto all’ultima moda, coi petti lunghissimi: e par nuovo, e sta molto bene. Ditelo a Carlo. Io sto come Dio vuole, sempre smaniando dello sto- maco: non esco, e pochissimo posso ricevere: ma niente di nuovo. Fate salutar Zavagli. Se non vedete mie lettere, non vi maravi- gliate mai: assolutam. non posso non posso scrivere. Addio addio.

1563. Di Antonio Fortunato Stella.
Milano 21 ag.° 1830

Mio Signore ed amico amatiss."10 Son ritornato dalla campagna e continuo a valermi della mano del mio Giacomino affine ch’Ella non debba stentare a leggere la presente. La mia Casa mi ha dato il manifesto trasmessole dal Sig.r Viesseux [sic], Que’ canti son desiderati e saran cari assai anche qui. Ma ne sarà poi permessa l’introduzione? Quando lo sia, la mia Casa ne prenderà volentieri un centinaio di copie; non dubitando che il sig.r Viesseux [sic] ci accorderà un ribasso che ci permetta di accordarne agli altri librai, giacché il corso nostro sul banco è cosa così piccola che non va contata. Io la ringrazio della libertà che mi concede sui suoi mss. (Epitteto e Prodico ed Isocrate), i quali son sempre presso di me. Ora che Ella si trova a Firenze si fa maggiore l’ostacolo della correzione. Bisogne-