1568. |
Ad Antonio Fortunato Stella. |
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Signore ed amico amatiss.
Dio sa con quanto piacere dalla sua de’ 21 Agosto ho rice-
vuto le sue nuove, delle quali io chiedeva a quanti venivano da
Milano. Le mie, sempre infelicissime, e con somma difficoltà
scrivo la presente. La sua Casa avrà certo il conveniente ribasso
nelle copie che vorrà prendere de’ miei canti. Se non le convien
più di usare l’Epitteto e l’Isocrate, o se Ella vuol compiacersi
di ridonarmeli, io gliene sarò veramente gratissimo, e con gran
piacere li riceverò per mezzo sicuro. Quello del Sig. Moratti
sarebbe il più pronto e il migliore. Ma Ella ritenga ancora il
ms. degli Errori popolari, lavoro troppo giovanile, perch’io possa
farne uso. Un milion di cose cordialissime alla sua cara fami-
glia: ed Ella ami sempre
il suo Leopardi, che l’ama con tutto il cuore.
Caro Amico
Saprai dal Conte Mosconi di Verona che viene a Firenze e deside-
roso di crescere ne’ buoni studi cui si diede sì fruttuosamente, vuole
conoscere te di persona come ti onora di fama; saprai, dico, essere io
stato nei dì passati, alquanto nojato d’una febbre che improvvisamente
m’assaltò, ma che fu vinta presta. Da lui saprai come bramo di venire
a vederti; e come gli ho data incombenza di scrivermi le tue nuove.
Da me poi devi sapere che cerco soscrizioni a tutto potere, che ne ho
già un buon numero e che presto manderotti la raccolta fatta.
Tu mi chiedi del Poemetto?1 Nelle nozze Hercolani e Pallavicini
ne pubblicai un brano, e scegliendo il più innocente, ebbi noje dalla
Censura. Leggi il 1XX [sic] Sonetto del libretto e ridi: la Censura di
Faenza lo proibì dopo X edizioni. T1
^ r II tuo Pepoli