Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/620

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la mattina però solamente. Vengo ogni giorno ricuperando le forze, e racquistando la regolarità della digestione, che a forza di dieta e di febbre si era molto disordinata. Il povero Fucili era stato da me più volte, ad ore ch’io non era ancora visibile, nè questi di casa me ne avevano poi detto nulla. L’altra sera lo rividi finalmente, e si stette un pezzo insieme, parlando di Recanati, e della colonia recanatese ch’è in Roma. Fui già da Mons. Cupis, ed egli tornò da me, e mi fece mille amorevolezze, pregandomi molto a vederlo spesso, e promettendo di farmi sen- tire e leggere un migliaio e mezzo ch’egli ha tra Sonetti, can- zoni e Capitoli di sua fattura, ch’egli vorrebbe poi farmi rive- dere o limare. Questa cosa mi ha spaventato talmente, che malgrado il bene che gli voglio, e le gentilezze che mi fa, non ho avuto il coraggio di ritornarci. Procurerò di veder Donna Livia, la quale abita molto lontano da me. L’assicuro che il guar- dar la lista delle visite che per istretta convenienza mi occorre- rebbe di fare, mi agghiaccia il sangue. Assolutamente colle mie gambe sempre deboli, in questa città che non finisce mai, con un pavimento infame infernale, che dopo mezz’ora di cammino vi fa sentir dieci volte più stanco che quel di Firenze, di Bolo- gna, di Milano dopo due ore; io non riesco a far nulla nè per il dovere nè per il piacere. Ed ho già rinunziato alla speranza di godermi le infinite belle cose di Roma, perchè queste distanze non fanno per me, e le carrozze o i fiacres molto meno. Desi- dero sapere.che la Mamma sia guarita della tosse. Le bacio la mano, e le auguro infinitamente prospere le vicine feste. Il suo Giacomo D. Paolo Melchiorri, che Sabato si è fatto diacono, mi ha raccomandato di salutarla tanto. Spera di mandarle qualche nuovo associato alla sua traduzione degli Evangelii.2