do arrivato qua debitamente il dì 13. Mi è stato assai caro vedere
il suo manifesto; e il saggio ch’Ella dà della sua traduzione, mi
è piaciuto molto ma molto." Già ne aveva sentito parlare qui
da parecchi con molta lode. Solamente, se si è a tempo, vorrei
che nell’opera si mutasse una parola, cioè dov’Ella dice aveva
giaciuto, si dicesse era giaciuto, perchè giacere, come verbo neu-
tro, abbia l’ausiliare essere, secondo la regola. Del resto la con-
cordanza da Lei intrapresa è opera, a quel ch’io credo, di non
poca fatica e ingegno. Spero ch’Ella mi farà tosto avere le nuove
di Carlo, sopra il quale non lascio di stare in qualche pena. Io
sto bene, ma obbligato a grande e noioso riguardo; e trovo que-
st’aria contrarissima al mio fisico, e nemica mortale del dige-
rire. Almeno, mentre a Firenze non v’era più cibo ch’io non
digerissi senza fatica, qui non v’è cibo abbastanza sano che mi
convenga, ed ogni menomissima libertà mi fa male. Mi bene-
dica, caro Papà, e creda all’affezione colla quale io le desidero
prospero il nuovo anno.
Il suo Giacomo
3 Gennaio
Veneratissimo Signore ed Amico. Non ho che soggiungere
a quanto in proposito di Filippo le scriverà l’ottima Donna Mar-
gherita, se non solamente ringraziarla per la mia parte della sol-
lecitudine e della forza colla quale Ella ha assunto la causa di
questo mio amico, e confermarle in ogni sua particolarità il rac-
conto che le sarà fatto da Donna Margherita, assicurandola sulla
mia fede che non v’ha esagerazione alcuna, nè cosa simulata
o dissimulata. E in particolare mi par doverle confermare che
avendo veduto dalla sua pregiatissima1 che l’animo del padre
di Filippo o non è, o cesserà facilmente di essere così avverso
al figliuolo come si era creduto, io ho posto ogni opera mia per