Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/634

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1704. A Paolina Leopardi.
[Roma] 17 dell’anno 1832

La tua dei 121 mi ha consolato infinitamente colle nuove di Carlo, del quale sarei stato in estrema pena, se una lettera di Babbo a Melchiorri, data del 7, non mi avesse dato buon augurio col silenzio. D’altra parte la stessa tua mi mette di mal umore. Babbo ha egli ricevuta la mia dei 3 colla notizia della riscossione del danaro? Carlo ha egli ricevuto una mia del 31, quando io non sapeva ancora della sua malattia? Mandolino ha egli consegnato il pacco ch’io gli consegnai per Carlo, pagan- dolo prima? Fatevene render conto per d., e se non lo consegna fategli dare cinquecento calci nel sedere. E ditemi che pacchi o che robe ha egli consegnate. Matteo è egli tornato a Roma? io non l’ho visto nè lui nè altri degli Antici, dal dì n Novem- bre 1831 ch’io malato già, e con la febbre (che non conoscevo), andai fino in Piazza Tartaruga a veder sua Eccellenza il M.sc Zio, e l’aspettai in casa per unicamente salutarlo, un’ora e mezza. Salutami tanto Carlo, e digli che se non può cacare, non abbia difficoltà di farsi de’ lavativi, come pur troppo ho dovuto far- mene anch’io, e non fanno male. Qui abbiamo un inverno senza inverno, ma veramente senza: basti dire ch’io, stando quasi sem- pre in casa e senza potermi riscaldarle col] muovermi (perchè piove maledettamente e sono strade d’inferno), pure non tengo scaldino, anzi non Io potrei soffrire. Addio, cara mia Pilla: da Babbo avrai potuto sapere ch’io ti scrissi già il 120 13 dicem- bre una lettera che Arimane si è mangiata per colezione.

1705. A Gian Pietro Vieusseux.
Roma 21 del 1832

Carissimo Vieusseux, Se rispondo così tardi alla cara vostra degli 8 Dicembre, non crediate che sia stata dimenticanza: ma dopo essere stato malato