duto S. Pietro, nè il Colosseo, nè il Foro, nè i Musei, nè nulla:
senza aver riveduta Roma. Tale è la mia salute, e sono stato
infinitamente meglio del solito quest’inverno, perchè non ho
avuto inverno. Addio, Pilla mia. Se Giovanni Podaliri è tor-
nato, o quando tornerà, fagli avere i miei saluti: nè egli mi trovò
in casa, nè io lui, e non ci siamo visti.
1728. |
A Monaldo Leopardi. |
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Caro Papà. Le scrissi il giorno 8. Oggi parto per Firenze.
Torno a raccomandarmi a Lei, trovandomi propriamente col-
l’acqua alla gola, perchè non ho potuto ritardare neppur di un
giorno di più la mia partenza, e dall’altra parte arriverò a Firenze
con tanto danaro, quanto mi potrà bastare a vivere una setti-
mana. Ella vede l’urgenza della mia situazione, e l’assicuro che
nemmeno in termine di morte aprirei bocca p[er] dimandare in
prestito a chicchessia, essendo più che certissimo che vedrei
impallidire la persona a cui dimandassi, perchè tutti sanno ch’io
non ho nulla. Confido dunque in Lei; e s’Ella spedirà il danaro,
come le scrissi, a questo Sig. Luigi Ciambene Segno generale delle
poste pontificie, egli me ne spedirà subito una cambiale a Fi-
renze. Le bacio la mano, e di cuore la prego a non dimenti-
carmi, non potendo il mio bisogno essere più pressante.
1729. |
Di Gian Pietro Vieusseux. |
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[Firenze] 17 Marzo [1832] |
Carissimo Leopardi
La Busdraghi non puole accomodarvi come vorreste; ed il Capei
non ha nulla disponibile nella casa da lui abitata. Convien dunque che
scendiate per pochi giorni alla locanda, piuttosto che fissare per un