del giovane, il quale colla morte della madre ha perduto ogni
suo appoggio, si ostinò a volere che il figlio tornasse, rivocando
il consentimento dato e le promesse fatte, e gli sospese gli asse-
gnamenti, dei quali il giovane è privo affatto da ben nove mesi.
In tale stato di cose, io vi dimandai il permesso di presentar-
velo, con intenzione che egli, confidandovi le sue circostanze,
vi chiedesse se, tornando egli a Napoli, aveste voluto raccoman-
darlo a quel Rappresentante di Prussia in maniera, che una sua
parola (e questa sarebbe bastata) gli valesse ad ottenere il suo
passaporto quando fosse voluto riuscire. Ma io stesso gli dis-
suasi poi di parlarvene, temendo che, non ostante la sua inno-
cenza politica e la vostra personale gentilezza, pure a cagione
del posto che Voi occupate, potesse parervi ed essere cosa indi-
screta il dimandarvi favore per una persona incorsa una volta
in sospetto del suo governo. Ora egli se ne torna con me a
Firenze, risoluto di perire piuttosto che seppellirsi in un paese
dove Voi sapete e sa tutto il mondo come si viva.
Addio, mio veneratissimo e prezioso ed incomparabile Amico.
Conservatemi la vostra benevolenza, fate, vi prego, i miei com-
plimenti a Madama vostra consorte, e credetemi interamente
e perpetuamente vostro.
G. Leopardi
Roma 16 Marzo 1832
1727. |
A Paolina Leopardi. |
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Cara Pilla. Parto per Firenze, se Dio vuole, domani. Non
sono uscito di casa da 19 giorni, ma il viaggio, spero, mi gua-
rirà. Bacia per me la mano al Papà e alla Mamma, e dì tutto
quello che puoi dire a Carlo e a Pietruccio. Salutami anche D.
Vincenzo e il Curato. Ilo visto Orazio Mazzagalli, persona molto
amabile e di belle maniere. Parto, del resto, senza aver rive-