Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/654

Da Wikisource.
1726. A Karl Bunsen.
[Roma 16 Marzo 1832]

Veneratissimo Amico e Signore, Non essendo mai uscito di casa, e poche volte di letto, prima della mia partenza, che sarà domani, non ho potuto venire in persona, come avrei dovuto e desiderato, a prender congedo da Voi e da Madama vostra consorte, e a chiedere i vostri comandi per Firenze. Desidero che questa vi sia testimonio del dolore ch’io provo partendo, perchè le mie indisposizioni mi abbiano impedito di godere della dotta ed amabilissima com- pagnia vostra quanto avrei voluto, e che vi ricordi altresì la vivis- sima gratitudine che io vi professo e vi professerò mentre io vivo. Credetemi, degnissimo ed ottimo amico, che nessun altro dispiacere sento io nel partir da Roma così vivo, come quello di allontanarmi da Voi. La storia del giovane Ranieri ch’io avrei voluto che egli vi raccontasse, in sostanza è questa. Non per alcuna sua colpa, ma per molte strette relazioni avute con un letterato italiano che Voi conoscete (il Sig. Carlo Troya) col quale egli allora si tro- vava a viaggiare per l’Italia, Ranieri fu esiliato dagli Stati di Napoli sua patria; ed ebbe il dolore di ricevere la prima notizia di ciò nel momento che chiedeva a Firenze il suo passaporto per volare a rivedere sua madre moribonda, che poi morì. Ri- chiamato nel Gennaio del 1831, egli sarebbe tornato a Napoli, se avesse avuto la certezza, o almeno la probabilità, di poterne poi riuscire. Ma accertato anzi del contrario, per l’esempio di tutti gli altri richiamati, e vedendosi costretto, se ritornava, ad abbandonare per sempre il corso di vita intrapreso nei cinque anni che aveva menati fuor della patria, cioè ad abbandonare i suoi studii, e tutte le sue più care e più utili relazioni, egli ottenne dal padre, dopo breve renitenza, di rimaner fuori. Pas- sati però pochi mesi, il padre, uomo di natura inferma e total- mente passiva, circondato ora e dominato da acerbissimi nemici