Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/679

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ghi contenuti in cotesto Giornale; nè potendo senza ingiustizia lasciare che si attribuisca a me l’altrui, e conseguentemente si spogli altri del suo; la prego a compiacersi di pubblicare sul suo Giornale la presente, colla quale dichiaro che non sono autore nè del suddetto libro, nè di alcuno dei suddetti dialoghi. E devo- tamente la riverisco. Giacomo Leopardi. P. S. La prego di fare per mia parte mille complimenti all’e- gregio Signore Suo fratello Giovanni. - Dichiarazioni simili a questa sono state già pubblicate a mio nome in altri Giornali, e nominatamente nel Diario di Roma, n. 41.1

1752. Di Pietro Brighenti.
Roma 26. Maggio 1832.

Stimatissimo Giacomo: Tu hai ben ragione di riconvenirmi nella tua del 15. corrente. Mi sono accorto di essermi spiegato assai male. Lo farò a miglior tempo, cioè a miglior tempo cercherò di spiegarmi meglio: e allora son certo che le nostre idee andranno all’unisono, come diceva Bonaparte. Io partirò di qui verso il 20. di luglio. Le stupende maraviglie di Roma antica e moderna, mi rimarranno scolpite nella fantasia, e con molto contrari affetti. Se avessi la tua penna sono sicuro che farei un libro da valere più che Macchiavello e Petrarca, e Guicciardini e il Cantore dei tre Regni. Iu Li ringrazio, mio degno Amico, della premura che avesti per quelle carte, le quali si erano stagnate nella Posta di Firenze, e che tua mercè, mi giunsero alle mani. Avrò per questo un debito teco, che pagherò a piacer tuo. Spero che ti troverai bene: spero ancora che teco sarà sempre l’ama- biliss.0 S.r Ranieri. Or io v’interesso amendue per una grazia: la quale potrebbe darsi che vi recasse un qualche piacere unito all’incomodo che per amor mio vi darete. In Firenze canta una signora Del Sere, che mi dicono giovine, bella