e brava-, dunque nulla rimane a desiderare, conoscendola. Questa Del
Sere deve venire a cantare al nostro teatro Valle nell’autunno venturo.
I nostri padroni di casa bramerebbono che preferisse il nostro allog-
gio, ad ogni altro. Tu lo conosci: lo conosce il S.1 Ranieri. E un buon
alloggio, che ha l’invidiabile qualità di essere annesso al teatro dove
si ha da agire. Il S.r Leopoldo (padrone) e la Sig.a Nanna (padrona)
mi hanno interessato a procurar loro, col mezzo vostro o Signori, i] van-
taggio di albergare la S.ig.a Del Sere. Io sono e sarò per la vita il Don
Desiderio di giovare, mentre tutto il dì maledico, disprezzo e bestem-
mio la razza umana. Procura dunque, amatiss.0 mio, che almeno il
S. Leopoldo e la S.a Nanna rimangano contenti di me. Non ti pro-
metto altrettanto, neppure co’ tuoi uffici, del Sacro Collegio e della
immensa turba dei chierici violetti. Quale arroganza! quale ignoranza!
quale... Io vedeva jeri dal Celio tutta Roma! E Roma! mi sovveniva
quel sonetto improvviso che dice in bocca di Cicerone:
E questa la mia Roma, oppure è Tripoli? -
Addio, rispettabilissimo e cariss.0 amico. Io ho una grande volontà
di mandare al diavolo la Sacra Italia-, e il suo bel cielo, et omnibus
pompis ejus, et omnibus operibus ejus. (Se mai questo latino non
andasse bene, non ne ho colpa. Io non sono Accademico Tiberino,
sebbene tanto buon servitore di Monsignor Muzzarelli, che mi onora
in un modo singolarissimo).
La mia famiglia ti riverisce, e ti prega di tanti rispetti (uniti ai miei)
al S. Ranieri. Conservami l’amor tuo, credi che ti riverisco quanto tu
meriti, e ti amo con tutto il mio cuore.
il tuo B.
1753. |
A Monaldo Leopardi. |
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[Firenze] 28 Maggio [1832] |
Mio caro Papà
Paolina mi dice che io lascio passare i mesi senza scrivere.
Questo mi prova che le mie lettere si perdono, come fra l’altre
veggo che se n’è perduta una, dov’io le parlava dei libri che