Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/56

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50 ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti

diletta e fa piú rari gli spiriti vitali e il dolore gli ristrigne. Dove e’ concorre maggior numero di spiriti, di necessitá è maggior copia di caldo, e cosí e contra; onde nasce la differenzia delle lacrime calde e fredde, che nascono o da dolore o da letizia. Concludesi per questo le lacrime avere due cagioni, l’una la passione del cuore, l’altra la distillazione dell’umiditá che fa il cervello. E per questo gli occhi piú tosto esser via che cagione delle lacrime.

     Se fra gli altri sospir ch’escon di fore
del petto, come vuol mia dura sorte,
Amor qualcun ne mischia, par che porte
dolcezza agli altri e riconforti il core.
     Quel viso, che col vago suo splendore
ha giá gli spirti e le mie forze estorte
piú volte dall’avare man di morte,
ancora aiuta l’alma che non more.
     Fortuna invida vede que’ sospiri
che manda Amor dal core e li comporta,
credendo che s’arroga a’ miei martíri:
     cosí la inganno e fòlla manco accorta,
s’avvien ch’Amore a lacrimar mi tiri;
né sa quanta dolcezza il pianto porta.

Promettemmo nel proemio, quando venissimo alla esposizione del presente sonetto, narrare quanto fussi grande e maligna la persecuzione che io sopportai in quel tempo e dalla Fortuna e dagli uomini; e nondimeno sono in disposizione passarmene molto brievemente, per fuggire il nome di superbo e vanaglorioso. Imperocché il narrare i gravi e propri pericoli difficilmente si fa sanza presunzione o vanagloria. E questo credo proceda che, quando un legno di turbolentissima tempesta dopo molti pericoli e paure si riduce nella tranquillitá del porto, il piú delle volte il nocchiere e governatore d’esso piú tosto alla propria virtú lo attribuisce che ad alcuna benignitá della Fortuna; ed acciò che la virtú sua paia tanto maggiore, accresce tanto piú il pericolo passato, e spesse volte fuora della veritá, acciò che della virtú sua ancora si creda piú che non è il vero. Questo medesimo esemplo seguitando, i medici dell’etá nostra