Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/101

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di Tito Lucrezio Lib. VI. 87

     Ti sveli, e le tempeste, e i chiari fulmini
     125Canti, e gli effetti loro, e da qual impeto
     Spinti corran per l’aria, acciò che folle
     Tu, le parti del ciel fra lor divise,
     Di paura non tremi: onde il volante
     Foco a noi giunga; o s’ei quindi si volga
     130A destra, od a sinistra; ed in qual modo
     Penetri dentro a chiusi luoghi; e come
     Quindi ancor trionfante egli se n’esca.
     Che veder non potendo il volgo ignaro
     Le cause in modo alcun d’opre sì fatte,
     135Le ascrive a’ sommi Dei. Tu mentre io corro
     Quella via, che mi resta alla suprema
     Chiara e candida meta a me prescritta,
     Saggia Musa Calliope, almo riposo
     Degli uomini, e piacer degl’immortali
     140Numi del cielo, or me l’addita e mostra:
     Tu, che sola puoi far con la tua fida
     Scorta, ch’io del bel Lauro in riva all’Arno
     Colga l’amate fronde, e d’esse omai
     Gloriosa ghirlanda al crin m’intessa.
145Pria del ceruleo ciel scuotonsi i campi
     Dal tuon, perchè l’eccelse eteree nubi
     S’urtan cacciate da contrarj venti.
     Conciossiachè il rimbombo unqua non viene
     Dalla parte serena; anzi dovunque
     150Son le nubi più folte, indi sovente


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