Pagina:Martini - Trattato di architettura civile e militare, 1841, I.djvu/20

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pagnarne la pratica; che notò, doversi fare studi di artiglieria non solo per ostare a quella, ma ancora per ostare con quella: fortezza essere che minore potenza alla maggiore potesse resistere: e quindi, che la maggior considerazione che deve muover l’ingegnere si è il considerare in che luogo e di che modo possa essere, la rocca disegnata offesa, e presupporre di essere a quella avversario, e secondo i difetti applicare le medicine ed i rimedi. Ed invero che troppo sconoscenti verso gl’inventori dell’architettura militare moderna mostraronsi gli scrittori: poichè quelli soli vinsero la prova nel più tremendo problema politico di que’ tempi, insegnando il modo che solo restava di ostare alla potenza turchesca: poichè non gli eserciti Austriaci, nè gli Ungheri salvarono nel 1529 la capitale e l’impero d’Austria, ma sì i nuovi ingegneri: come non le flotte Veneziane nel 1537, nè quelle di Spagna e d’Italia nel 1565 difesero Corfù e Malta, ma sì gl’ingegneri Italiani formati alla scuola di coloro che a Padova, cominciante il secolo, avevano per virtù d’ingegno prostrato lo sforzo della lega di Cambrai. Queste cose leggeranno volontieri, e saranno grati a chi le scrisse, grati a Quegli che volle si rendessero pubbliche.

Torino, Settembre 1841.


Architetto Carlo Piomis.