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118 vii - artaserse

SCENA XV

Arbace con guardie.

No, che non ha la sorte
piú sventure per me. Tutte in un giorno,
tutte, oh Dio! le provai. Perdo l’amico,
m’insulta la germana,
m’accusa il genitor, piange il mio bene;
e tacer mi conviene,
e non posso parlar! Dove si trova
un’anima che sia
tormentata cosí come la mia?
Ma, giusti dèi, pietá! Se a questo passo
lo sdegno vostro a danno mio s’avanza,
pretendete da me troppa costanza.
          Vo solcando un mar crudele
     senza vele e senza sarte:
     freme l’onda, il ciel s’imbruna,
     cresce il vento e manca l’arte;
     e il voler della fortuna
     son costretto a seguitar.
          Infelice! in questo stato
     son da tutti abbandonato:
     meco sola è l’innocenza
     che mi porta a naufragar.