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335 atto secondo


rinnova il mio furor. Mora il tiranno, (snuda la spada)

e mora di mia man. Non son contenta
finché del sangue suo fatto vermiglio
questo acciaro non veggo.

(crede incontrar Toante; ma, nell’atto di rivoltarsi, incontrandosi in Learco, che vien condotto dalle amazzoni fuori del bosco, resta immobile e le cade la spada di mano)
Learco.   Ah, madre!

Eurinome.   Ah, figlio!
Issipile. Che avvenne! Io son di sasso. (s’alza)

SCENA V

Rodope e detti.

Rodope. (Dèi! Learco in catene!

Come salvarlo mai? Finger conviene.)
Eurinome. Sei pur tu? Son pur io?
Learco.   Cosí nol fossi,
per soverchia pietá madre crudele!
Eurinome. Misera me! T’uccido
dunque per vendicarti? Ah! torni in vita
per farmi rea della tua morte. Oh quanto,
quanto, figlio, mi costa
di questi amari amplessi
l’inumano piacer!
Rodope.   Compagne, il reo
ad un tronco s’annodi, e segno sia
alle nostre saette.
  (le amazzoni legano Learco ad un tronco)
Eurinome.   Ah, no! crudeli...
Rodope. Eurinome si tragga
a forza altrove, onde non turbi l’opra
il materno dolor.
Issipile.   Misera madre!
Eurinome. Pietá, Rodope!