Pagina:Morselli - L'uccisione pietosa (L'eutanasia), Torino, Bocca, 1928.djvu/157

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idea più alta della nostra funzione sociale, sebbene il genio comico di Molière li colpisse coi suoi sarcasmi e con la insuperabile parodia di Sganarello; per essi il medico vero era quello “fisico e morale„, secondo la bella frase del Gagliardi, che scriveva a Roma nel 1718. Nell’imminenza della fine di un suo paziente il medico non deve soltanto sentirsi investito dell’ufficio scientifico di combattere il male e di ostacolare l’appressarsi della morte, ma deve mostrarsi anche consapevole della sua umanissima missione di confortatore verso quelli che temono, piangono e si disperano attorno al letto di un moribondo. Il suo còmpito sarà allora di convincerli che quelle terrificanti espressioni di pena e di lotta non sono avvertite da chi si spegne, e con ciò combatterà l’opinione comune che il trapasso sia spaventosamente disaggradevole per chi lo compie. Questa sua opera morale apporterà sempre qualche consolazione a chi vede morire una persona cara.

Un punto solo mi par giusto, ma anche esso con riserva, nella pagina del Maeterlinck, che ho citato al § 6°; ed è là dove incolpa i medici di prestarsi a “trascinare in lungo le atroci convulsioni dell’agonia„. Con ciò egli allude, di certo, ai mezzi eccitanti, che noi usiamo negli ultimi stadî delle malattie, quando ormai ogni speranza parrebbe mancare: rubefazioni della pelle, iniezioni di caffeina, etere, muschio, olio canforato, stric-