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298 odissea

La terra il corpo nel suo grembo ancora.
Lasciato in casa l’avevam di Circe70
Non sepolto cadavere, e non pianto:
Chè incalzavaci allor diversa cura.
Piansi a vederlo, e ne sentii pietade,
E, con alate voci a lui converso,
Elpenore, diss’io, come scendesti75
Nell’oscura caligine? Venisti
Più ratto a piè, ch’io su la negra nave.
     Ed ei, piangendo: O di Laerte egregia
Prole, sagace Ulisse, un nequitoso
Demone avverso, e il molto vin m’offese.80
Stretto dal sonno alla magione in cima,
Men disciolsi ad un tratto; e, per la lunga
Di calar non membrando interna scala,
Mossi di punta sovra il tetto, e d’alto
Precipitai: della cervice i nodi85
Ruppersi, ed io volai qua con lo spirto.
Ora io per quelli, da cui lunge vivi,
Per la consorte tua, pel vecchio padre,
Che a tanta cura t’allevò bambino,
Pel giovane Telemaco, che dolce90
Nella casa lasciasti unico germe,
Ti prego, quando io so, che alla Circéa
Isola il legno arriverai di nuovo,