Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/668

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libro vigesimoterzo 287

Notizia vanta. E mi diè un segno il vate.
Quel dì, che un altro pellegrino, a cui345
M’abbatterò per via, me un ventilabro
Portar dirà su la gagliarda spalla,
Allora, infitto nella terra il remo,
E vittime perfette a Re Nettuno
Svenate, un toro, un arïete, un verro,350
Riedere io debbo alle paterne case,
E per ordine offrir sacre ecatombi
Agli Dei tutti, che in Olimpo han seggio.
Quindi a me fuor del mare, e mollemente
Consunto al fin da una lenta vecchiezza,355
Morte sopravverà placida, e dolce,
E beate vivran le genti intorno.
Ecco il destin, che il tuo consorte aspetta.
     Ed ella ripigliò: Se una vecchiezza
Migliore i Dei promettonti, che tutta360
L’altra etade non fu, t’allegra dunque,
O d’ogni angoscia vincitor felice.
     Eurinome frattanto, ed Euricléa
Di molli coltri, e di tappeti il casto
Letto adornavan delle faci al lume.365
Ciò in brev’ora compiuto, a’ suoi riposi
Euricléa si ritrasse, ed Eurinóme
Inver la stanza maritale Ulisse