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prova nel comporre sopra un argomento unico una serie di sonetti quasi strofe di poema col Morto de campagna e da allora non ho più abbandonato quel sistema. Così, riunendo la precisione della forma metrica alla precisione del linguaggio, io ho potuto fare un’opera che è stata intesa parte a parte (e io lo so, perchè recitando i miei sonetti vedo in volto i miei uditori) a Napoli come a Roma, e sarà intesa parte a parte a Milano come a Venezia.

Ma su la Scoperta de l’America ho lavorato quasi otto anni!

— Chi stimi tu essere il sommo dei poeti dialettali oggi morti?

— Il Porta, certamente, e la La Ninetta del Verzee (è un po’ pericoloso dirlo), è il suo capolavoro; lì non v’ha oscenità, ma sana, forte, libera riproduzione del vero, quale nessuno dei naturalisti francesi o italiani venuti dopo lui ha saputo fare.

Dopo il Porta, sùbito il Belli il quale è geniale, vivo, spontaneo, multiforme, ma qua e là fa sempre trapelare un po’ del-