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114 | poesie |
Nel caso infausto e reo
Il sì dolente Orfeo.
Sentite, omai sentite
55Mie miserie infinite,
E quel che attrista il core
Infinito dolore:
Udite i miei lamenti
Sì forti e sì possenti,
60Che non gli prese a scherno
Il tenebroso Inferno.
Lasso! già volsi il piede
Vêr la Tartarea sede,
E piangendo impetrai
65Lo scampo de’ miei guai;
Ma mentre che io il rimiro
Vinto dal gran desiro,
O miseri occhi miei,
Io per sempre il perdei.
70Bella, per cui felice
Visse un tempo, Euridice,
Benché mesta dimori
Giù ne’ profondi orrori;
Non per tanto è men dura
75Di me la tua ventura,
Se qual fui di te privo,
Miseramente io vivo.
Pure ciglia serene,
Onde lacci e catene
80Fecer mia libertate
Serva d’alta beltate,
Io ben chiamo e richiamo
Vostri rai, che tant’amo,
Ma pur sempre lontano
85Chiamo e richiamo invano.
Cinta il crin d’oscure bende
Notte ascende
Per lo ciel su tacit’ali,
E con aer tencbroso
90Dà riposo
Alle ciglia de’ mortali.
Non è riva erma selvaggia,
Non è piaggia
Di bei fior vaga e dipinta,
95Nel cui seno alberghi fera
Così fiera,
Che dal sonno non sia vinta.
Io soletto al duol, che spargo,
Gli occhi allargo,
100Perchè forse indi trabocchi,
E pasciuto di veneno
Più nel seno
Rio dolore,
Che appo me non sia felice:
105Ah che in terra il mio conforto
Teco è morto,
Veggia il cor non men che gli occhi.
Per tal via non soffre un core
Amatissima Euridice!
110Lasso me! che far degg’io?
Dive, addio,
Troppo liete a’ dolor miei:
Vegno a voi, monti silvestri,
Fiumi alpestri,
115Vegno a voi, ghiacci Rifei.
XIV
Belle Guance.
Bella guancia, che disdori
Gli almi onori,
Che sul viso ha l’alma Aurora,
Onde il pregio ad ogni volto
5Ella ha tolto,
Che sul Cielo oggi s’onora.
Te vo’ dir, guancia fiorita,
Colorita
Del più bel ch’ebbe natura:
10Te vo’ dir, che non hai fiore,
Che nel core
Sappia darmi una puntura.
Che fai tu, se mi dai segno
Di disdegno?
15Mi ti môstri più vermiglia.
Per tal modo sei cortese
Nell’offese
D’una nobil meraviglia.
Nevi candide cosparte
20Con bell’arte
Infra porpora sì bella,
Ben vorrei lodarvi appieno,
Ma vien meno
La virtù della favella.
25Vostra gloria da’ miei detti
Non s’aspetti,
Chi ciò brama in van desira:
Come no? se per dolcezza
Di bellezza
30Divien muto chi vi mira?
XV
Sguardi di Bella Donna.
Caro sguardo, che ripieno
Di sereno,
Riconforti il mio desio,
E sì pure e sì tranquille
5Tue faville
Vibri verso il guardo mio:
Tu fai sempre al cor ferito
Dolce invito,
Che racconti i suoi martiri;
10Perchè poi voglia amorosa,
Grazïosa,
Farà lieti i miei desiri.
Gran pietà per me ti prese,
Che cortese
15Mi prometti il cor feroce;
Ma pietade invan ti prende,
Se s’attende
Pure il suon della mia voce.
Che ove presso la tua luce
20Mi conduce
Di gioir vaga speranza:
Che dico io di favellare?
Di mirare,
Lasso me! non ho possanza.
25Abi! che allor di nuovo orrore
M’empie Amore,