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314 | POESIE |
SCENA III
Gelopea e Telaira.
Gel. Su vien fuor Telaira;
Telaira vien fuore;
Non conosei tu me? son Gelopea
Vientene prestamente.
Tel. Or che sarà?
Dove sei Gelopea?
Gel. Io mi son qui; non scerni
Per l’ombra della notte?
Tel. Gelopea travestita
Va vagando a quest’ora?
Che sarà Gelopea?
Chi così ti consiglia?
Gel. Saperai tutto adagio, or mi rispondi,
Dimmi dov’è Filebo?
Tel. Costei per certo è piena
D’alcuna gelosia.
Tu ricerchi Filebo, ed io ricerco
La cagion, che tu porti
Cotesti vestimenti.
Gel. La ti dirò, ma dimmi,
Che n’importa il saperlo?
Dimmi dov’è Filebo?
Tel. Filebo era pur dianzi
Meco a ragionamento
Alla solita stanza.
Gel. Dunque dimora in casa?
Tel. Oh non te l’ho già detto?
Gel. Ma l’affermi per certo?
Tel. Per certo io te l’affermo.
Gel. Io così vo’ cercando..., Telaira
Vien meco, ho gran mestiere
Della tua compagnia.
Tel. Dove vuoi tu, ch’io venga a si fatta ora?
Più tosto qui rimanti,
E dimmi la cagione
Del tuo così vestire.
Gel. Te la dirò per via;
Vieni, perchè l’indugio
Potrebbe ruinarmi.
Tel. Eccomi teco, andiamo
S’io stessa non vedessi
La tua persona avvolta in cotal veste,
Altri potrebbe indarno
Avermelo narrato.
Gel. E si narra ben anco
Alcuna cosa strana,
Ch’è vera alcona volta.
Tel. Questa ne sarebbe una.
Ma chiariscimi omai
1 tuoi novelli affari, onde trascorri
Per l’ombre della notte
Si come un cacciatore.
Gel. Son pur venuta al loco là, dov’io
Gli ti volea narrare
Tutti listesamente;
Ascoltami tacendo.
Quanto abbia amato tuo fratello, e quanto
lo l’abbia disiato
Per mio marito, io posso
Chiamarne in testimonio te medesma:
E quanto egli giurasse,
Che non mi amava, ma che mi adorava,
E che sol disiava le mie nozze,
E che per ciò vivea;
Tu pur lo sai, che di tua bocca tante
Volte me lo dicesti;
Or costui si fedele
Essi perduto appresso
Altri novelli amori, e questa notte
Ha fermato trovarsi entro quei fieni
Con esso una sua amica;
L’amica è già venuta,
E stassi ivi rinchiusa.
Tel. E tu lo sai di certo?
Gel. Holla veduta con questi occhi miei,
Che dentro quel roveto
Stava tutto spiando.
Tel. O cosa da narrarsi!
Gel. Da narrarsi per certo;
Ma come estremo esempio di perfidia.
Tel. E perchè vai picchiando
Alla fenestra mia,
E mi meni con teco in questo loco?
Gel. Io volea vendicarmi,
E pagar le mie pene
Col sangue di costci,
E voleva dar foco da più parti
A questi fieni; allor per tal maniera,
O ch’improvvisamente sopraggiunta
Dal foco s’annegava;
O che fuggendo il risco
Precipitosamente si sarebbe
In terra traboccata,
Ed io con questo spiede
Le trapassava il petto.
Tel. Ah trista la mia vita!
E perchè non fornisti il tuo disegno?
Gel. Mi ritenne l’amore
Il qual dovea spronarmi; paventai
Non fosse chiuso qui forse Filebo
Anzi ch’io ci venissi;
Ne mi sofferse il core
Che ’l foco lo spegnesse, o che fuggendo
Egli corresse risco di fiaccarsi
Il collo, o di storpiarsi
Per qualche altra maniera;
Così venni a tua casa; or poi che certa
M’hai fatta, ch’egli chiuso
Ancor non è qui dentro, io volentieri
Ho volnto, che vegga, e poi gli conti
Le mie proprie vendette.
Tel. Dunque tu vuoi, che mora
La donna qui rinchiusa; e vuoi lavarti
Le man dentro il suo sangue?
Gel. Or or tu lo vedrai.
Tel. Ed io lassa ti dissi,
E dissilo a buon fine,
Che Filebo era in casa;
Meschina Telaira!
O cara Gelopea,
Getta cotesto ferro.
Gel Non ha loco elemenza
Nel vendicar Amore;
Non ti doglia che mora
Una donna impudica.
Tel. Ah Gelopea qui dentro
Non è donna impudica.