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228 vita di alberto pisani

LA CORBA.

Ed ora cosa ben semplice! Figurati, che, svoltando in un vicoluccio, avevo dato in una vecchia, immòbile, piccina sotto una soma di corbe. Una di esse le era caduta, e la pòvera danna o non p )teva chinai si per la rìgida età, o non osava, col carico già squilibrato delle altre. Intanto, un birbone, seduto su lo scalino di una porte!la, ghignava e pipava. (Juello che feci, tu anche l’avresti. Ripeto, la cosa era semplicissima. Eppure, seguitando il cammino, mi tri pillava nello « scuròlo » del cuore un gusto che mai! La maraviglia della vecchietta nel trovare «gentile» un signore, i suoi ringraziamenti commossi, mi circolàvan col sàngue. Affé! che non mi si vada dùnque a pi omettere premi in un altro mondo. Non usciamo da questo. Ogni òpera buona, frutta e al beneficato e al benef.ittore. l'cr me, non avea più nulla a pretendere, anzi! — siamo sinceri — dovevo. Ma, insieme, ricordavo con compassione que’ rie* Ili aggrondati che non san dove comprare un’onci i ili cuore-contento, mi chiede; o stupito, come mai lo stis- so «egoismo» non li tirasse a fare del bene. E ci ha tante corbe a levar su ancora da terra! UNA FANCIULLA CHE MUORE. N>1 dopo-cena di jeri, il dottore si avvicinò alla signora Vanelli, e con quel suo fraseggiare a rilento, però stavolta un po’ brusco, quasi instizzito con le parole che era per dire: — Crede proprio — chiese — che la idropatìa possa giovare a sua figlia? — La signora Vanelli ne sobbal/ò. Debolmente poi (con una voce « sicura » come quel che diceva) — ma sì, credo — rispose; e dopo una pausa, una pàusa durante la quale il cuore suggerì forse a lei argomenti