plebèo e il nobilaccio spiantato ; questi, che con
i lenti e faticali guadagni della operosità altrui, raddoppia i più arrosso voli débiti ; quello,
che, per volerlo azzurrare, avvelena ’1 suo sàngue.... E Viberto spasimò di giltarsi sul treno
e di rapir La innocente ai Lìvidi baci ; poi, lese
la \ÌNla, in batticuore, sperando ch’e’ fuor sailasse dalle rolaje. Ma il treno continuava al
suo scopo, fatai mente sicuro.
Infine, si levò dal rialto. (ìli timpanàvan le
orecchie. Camminò pel bastione un po’ ancora ;
e tenne vèr casa.
— Oè, Alberlo ! — chiamò, a mezza strada,
una voce.
Ei non udì.
Oè ! — tornò a dire la voce. Yùllosi, vide
Enrico Fiorelli. Il (piale :
— Me ne successe una bella. —
Alberto 1 interrogò con lo sguardo il meno
curioso del mondo.
Ma andiamo ordinali — ripigliò Enrico.
Stasera, dunque, c* fu il matrimonio del-
f Uidalò, sai....
— Sì — disse Viberto. — Anzi ! ne ricevetti
l’invito.
— Anch’io — osservò Enrico. — Ma non volevo recàrnmi. Credi *? io non posso vedere a
si rozza re neanche un pollastro. Tanto più, che
ini gira pel capo una pòvera tosa che l’Andalò,
dopo di avere condotto su e giù per un anno
col zuccherino della speranza, ha, nella fàusta
occasione, piantalo.... Tornando a noi : per me,
non ci sarei mai andato ; senonchè, passando
in calìe, trovo il papà della sposa. Ci conosciamo da un pezzo ; è il mio sarto ; il famoso
I* ronzoni. Il quale, gonfiàlomi alquanto intorno
alla sua strepitosa fortuna, mi strapregò di volerlo onorare assistendo al connubio della mar-