Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/362

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Profumo di poesia 329 E intanto s’era avviato sul pianeròttolo il dia- loghello seguente : — Comanda il signore ? — Morbidi! — ma sono tutti occupati i vostri nùmero 100 ? E ci si gode a starci. È un’ora che attendo. — Un’ora ? — Dico poco. — Ila bussato? hanno risposto? no...'? oh allora.... non voglia Dio ! — E forte battendo e scuotendo la spagnoletta dell’uscio, il nuovo venuto gridò : — signore ! signore ! — Miss Ada si guardò bene dal muòvere labbro. — Certo.... certo.... — continuò in inquietìs- siino tono colili che parlava — una disgrazia è accaduta. È un luogo malaugurato questo. L’altr’anno.... — E qui nuovi passi e altre voci.... Che c’è?... una disgrazia ? — dove ?... apoplessìa ? omicidio?... Convien chiamare un dottore.... Chiamate un prete piuttosto.... Occorre il sindaco.... il giùdice.... Fate presto.... un ferro.... una leva. Miss Ada non sapeva più in che mondo si fosse, o, sapèvalo troppo. L’idèa del suicidio le balenò. Guardò al finestrino del chiaro ; non vi passava nemmeno la testa ; sguardò al finestrino del buio, inorridì. E dire che ella sarebbe rimasta senza paura in una gabbia di tigri ! O martirio, invidiàbile onore ! all’aria aperta però. Nè più sapeva se le convenisse svenire. Ma la porta cedette. Miss Ada fremè di furore e si coprì colle palme la faccia. Stette immota un istante, come vinta dal peso di una universale berlina, come sotto le risa che meno udiva di quel che sentisse — eppòi precipitossi alla scala, dietro lasciando un profumo, che non era di viole.