Pagina:Oriani - Vortice, Bari, Laterza, 1917.djvu/13

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sempre tenuto in sospetto verso la piazza. Quindi uscito dal club dopo una vivace discussione, nel passare dinanzi al caffè Gritti, vi era entrato per parlare ancora con Gaudenzi e Romani, due fra i suoi amici più condiscendenti.

Essi avevano finito da un’ora la solita partita a scopa, e ciarlavano di donne.

Ma la notte e la solitudine, sotto a quel loggiato, finirono di calmare l’avvocato Guglielmi.

— Dove sei stato oggi, che non ti ho visto dopo pranzo al caffè? — domandò questi a Romani.

— A Bologna: ne sono ritornato col treno delle dieci e mezzo; debbo ancora rientrare a casa da stamattina alle sette.

— La donnetta! — disse Gaudenzi con accento metà ilare e metà sornione, alludendo ad una cantante di operette partita colla compagnia dalla città poche settimane prima, e colla quale Romani si era lasciato vedere parecchie volte a cena nell’albergo del Falcone, il maggiore della città, con altri amici.

— Oh va!

— Un’altra adunque! — rincarò Guglielmi.

— Nemmeno, — e la voce di Romani ebbe un tremito: — sono andato a Bologna per affari... cattivi! — aggiunse sospirando.

In quel momento passavano davanti all’enorme scalone del palazzo municipale, che saliva dritto e larghissimo sino ad un pianerottolo alto, cintato, quasi simile ad una cappella, nel mezzo della quale un lume a petrolio, chiuso entro un antico lucernario, spandeva una luce malinconica.

Le due guardie, nere nei cappotti impermeabili, perchè la notte sul principio era sembrata voltarsi al cattivo tempo, si erano rimesse a girare, segui-