Pagina:Oriani - Vortice, Bari, Laterza, 1917.djvu/29

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dovunque. Ed egli pure aveva voluto essere così forte, senza comprendere in che cosa tale forza consistesse, ma soprattutto vivere meglio del come era nato, in una più alta sfera.

Quindi il suo distacco lento ed orgoglioso dai primi compagni, che convinti della propria posizione l’accettavano, nella modestia degli inevitabili lavori, con una rinuncia onesta alla vivacità delle troppo facili speranze; poi la iniziazione nella classe dei signori, che avevano finito col trattarlo da pari, tutta una conquista assidua e minuta, piena di piccole gioie e di nascenti soddisfazioni, onde si era persuaso di essere un qualcuno importante, e di poter un giorno diventare anche qualche cosa. Finalmente lo scialo, non vistoso ma continuo, i vizi, sino a quella passione breve ma rapace, inevitabile, che gli aveva fatto perdere la testa rendendolo ridicolo fra i nuovi amici, e per la quale in una mattina di follia, una mattina pioviginosa e fredda, era andato da quello strozzino per fargli accettare la cambiale!

Nemmeno allora se ne era reso ben conto; aveva agito come sotto un incubo, con dei brividi freddi come quelli che adesso gli passavano per le reni, la testa pesante, ma recitando fin troppo bene la commedia preparata. Dopo, aveva sempre fatto degli sforzi per non pensarci, malgrado i debiti, che seguitavano a travolgerlo senza lasciargli un’ora di pace. E tutto era finito prima della scadenza vera; il dramma scoppiava in questa anticipazione imprevedibile, alla quale qualcuno doveva aver cooperato.

Non restava che morire.

Egli pronunciò mentalmente questa parola, come eco di una voce, che gli sonasse dentro nel profondo del cuore, e subito dopo fu più calmo. Perchè? Che