Pagina:Oriani - Vortice, Bari, Laterza, 1917.djvu/43

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molto, avrebbe potuto racimolare qualche centinaio di franchi per fuggire solo. Che fare poi? Solo, si sentiva morire, giacchè non lo era mai stato. Prima, il babbo e la mamma lo avevano allevato in casa, vezzeggiandolo continuamente come figlio unico, poi il babbo era morto, ed egli si era ammogliato; non aveva imparato una professione, ma la colpa veramente era stata sua nel troncare gli studi dopo due anni di università, profittando stupidamente della condiscendenza dei genitori. Quindi la sua gioventù era passata fra i piccoli piaceri dell’ozio in quella cittadina; un po’ di caccia, il teatro nell’inverno, la partita al caffè, preoccupandosi soprattutto di vestiti, leggendo a mala pena i giornali.

Poco più tardi aveva sposato Caterina, unica figlia, dell’ex-ingegnere comunale, morto senza un soldo.

Come si era innamorato? Si era nemmeno innamorato? Egli stesso avrebbe stentato a poter rispondere: si era trovato così, quasi senza accorgersi, nell’impegno; la ragazza era buona e piacente, la mamma vedeva di buon occhio che egli si ammogliasse presto, per meglio scansare i pericoli di una giovinezza sfaccendata; ed egli lo aveva fatto allegramente, trovandosene bene anche dopo. Null’altro. La passione non vi era entrata. Quando la mamma si ammalò mortalmente di tifo, egli aveva già i due bambini, che riempirono in casa quel vuoto: tutto era andato bene sino allora, malgrado la dilapidazione sistematica e segreta del piccolo patrimonio. Caterina non aveva pretese, egli non sfoggiava nè troppo lusso, nè troppi vizii, così che i più tra gli indifferenti, coloro che non indagano nella vita al di là delle apparenze, dovevano ancora crederlo nella sicura e modesta posizione lasciatagli dalla mamma.