Pagina:Oriani - Vortice, Bari, Laterza, 1917.djvu/45

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egli si attardava, s’inteneriva dicendosi che alleverebbe Carlino meglio assai che la troppa condiscendenza dei genitori non avesse allevato lui, gl’insegnerebbe ad evitare i pericoli della gioventù nell’ozio della provincia, lo farebbe studiare avviandolo sicuramente sopra una bella strada. Ada aveva un carattere mite, tutto simile a quello di Caterina, e non gli dava pensiero.

Il suo cuore gonfio di pietà batteva più adagio: la confidenza gli tornava appunto nella intimità di quel gabinetto, nel quale pochi minuti prima si sentiva come straniero. Era rimasto cogli occhi spalancati nell’incanto di quella visione. La virtù di una simile vita era già un argomento abbastanza gagliardo contro la morte, che avrebbe rovinato tutti quegli innocenti, mentre l’espiazione del reato, purtroppo commesso, finiva col perdere della propria necessità nell’oblazione incondizionata di se stesso ai loro bisogni. E per un momento provò la pace fiduciosa, che la preghiera lascia nelle anime capaci di annullare dentro il mistero di Dio la propria volontà dolente.

Ma nemmeno questa illusione durò.

L’idea del processo, dileguata per un momento dentro la luce azzurra di quel quadro, gli apparve daccapo in tutta la propria terribilità. Forse lì stava l’espiazione vera, la purificazione violenta del dolore per ritornare poi lontanamente alla vita, se il suo spirito fosse stato abbastanza poetico per comprendere la superiorità anche pratica di una tale soluzione. Invece egli si fermava fatalmente all’orrore delle esteriorità penali, l’arresto, il dibattimento, la condanna, senza la convinzione di aver peccato davvero, e quindi nell’assoluta impossibilità di capire