Pagina:Oriani - Vortice, Bari, Laterza, 1917.djvu/74

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Ma siccome l’altro non si alzava, si voltò ad osservarlo.

— Mi sembri pallido: hai dormito male?

— No, no, — rispose nervosamente, allungando un piede fuori dalle lenzuola per cercare le pantofole; poi così in camicia, coi piedi nudi, venne a mirarsi nello specchio della toeletta.

Infatti aveva l’aria sparuta; chiazze plumbee gli macchiavano la pelle, gli occhi gli si erano affossati; si vide dimagrito, invecchiato, con un senso doloroso di sorpresa.

— Tu hai qualche cosa, — disse nuovamente Caterina, venuta per di dietro a guardare nello specchio.

— Ti dico di no: chiudi piuttosto i vetri della finestra.

— Con questo bel sole!

Intanto li chiudeva.

— Ti farò un caffè, se hai rimasto qualche cosa d’indigesto nello stomaco.

Finalmente fu solo.

Tutta la lunga tempesta della notte gli si ripresentava nella memoria, piuttosto indolenzita che calmata dal sonno pesante di quelle poche ore, e gli ricominciava nella coscienza quella novità insopportabile del sentirsi straniero nella propria casa. Daccapo il freddo lo sorprendeva, così in camicia, malgrado il tepore dell’aria e l’impeto rutilante del sole, che passava trionfalmente attraverso i vetri.

Per rischiararsi la mente si affrettò a tuffare il viso nel catino. Ordinariamente la sua toeletta era svelta e poco accurata; si lavava il viso, poi colla spazzola si ravviava i capelli, non aveva altre abitudini di culto per sè medesimo. Ma dopo essersi asciugato davanti allo specchio, si vide colla stessa faccia di