Pagina:Oriani - Vortice, Bari, Laterza, 1917.djvu/76

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— L’hai presa tu? Avevano portata una lettera.

— Sì, — egli rispose con voce strozzata.

— Niente d’importante?

— Niente.

Dopo questa parola egli depose la tazza del caffè sul focolare, invece di accostarla alle labbra.

— Vi avrò messo poco zucchero; a te piace che tutto sia dolce.

— Già!

Vuotò la tazza, e tornò nella camera per finire di vestirsi; aveva fretta di uscire.

— Ma non aspetti i bambini? Eccoli! — ella gridò sporgendosi dalla finestra, che aveva riaperto.

Due minuti dopo i fanciulli entravano trionfalmente nella camera, e correvano ad abbracciare le ginocchia del babbo, più guardingamente del solito in quella vanità dei vestitini nuovi. Al vederli così belli egli stentò a frenare le lagrime; cadde sopra una sedia e si mise a baciarli furiosamente; essi ridevano, Caterina sorrideva, ma Anastasia protestò.

— Vuole dunque spiegazzare tutto, mio Dio! è proprio così; — e con una mano afferrando quella di Ada, l’aveva già tirata indietro.

Carlino invece si era arrampicato sulle ginocchia del padre.

— Io vado, — riprese Caterina, — tornerò a prendervi fra un’ora: non vi sporcate, piccini! Mi raccomando, Anastasia.

— Io... come si fa? debbo preparare l’arrosto: riconduca i bambini a messa con lei.

— Figurati! mi farebbero impazzire, adesso che l’hanno già ascoltata con te.

— Ci baderò io, — egli esclamò con voce intenerita.

— Allora facciamo così: siccome andrò dalla zia