Pagina:Pavese - Dialoghi con Leucò.djvu/107

Da Wikisource.
102 l'ospite



ne? Speri forse di fuggire tra i solchi come una quaglia o uno scoiattolo?

eracle   Se ho ben capito, non è morte ma ritorno alla Madre e come un dono ospitale. Tutti questi villani che s’affaticano sul campo, saluteranno con preghiere e con canti chi darà il sangue per loro. È un grande onore.

litierse   Ospite, grazie. Ti assicuro che il servo che abbiamo scannato l’altr’anno non diceva cosí. Era vecchio e sfinito eppure si dovette legarlo con ritorte di scorza e a lungo si dibattè sotto le falci, tanto che prima di cadere s’era già tutto dissanguato.

eracle   Questa volta, Litierse, andrà meglio. E dimmi, ucciso l’infelice, che ne fate?

litierse   Lo si lacera ancor semivivo, e i brani li spargiamo nei campi a toccare la Madre. Conserviamo la testa sanguinosa avvolgendola in spighe e fiori, e tra canti e allegrie la gettiamo nel Meandro. Perché la Madre non è terra soltanto ma, come ti ho detto, anche nuvola e acqua.

eracle   Sai molte cose, tu Litierse, non per nulla sei signore dei campi in Celene. E a Pessino, dimmi, ne uccidono molti?

litierse   Dappertutto, straniero, si uccide sotto il sole. Il nostro grano non germoglia che da zolle toccate. La terra è viva, e deve pure esser nutrita.

eracle   Ma perché chi uccidete dev’essere straniero? La terra, la grotta che vi ha fatti, dovrà pur preferire di riprendersi i succhi che piú le somigliano. Anche tu, quando mangi, non preferisci il pane e il vino del tuo campo?

litierse   Tu mi piaci, straniero, ti prendi a cuore il nostro bene come se fossi figlio nostro. Ma rifletti un momento perché duriamo la fatica e l’affanno di questi lavori. Per vivere, no? E dunque è giusto che noi restiamo