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del Rosmini, con la pubblicazione del prezioso commentario di lui su quella missione, commentario, da esso — morto nel 1855 — lasciato inedito, meglio è, per intendere chiaramente tutto questo imbroglio delle pratiche per la lega, ricorrere al Rosmini stesso, che - inconsapevolmente, col suo semplice e candido stile da trecentista - dà la chiave per dischiudere il serrarne di quel sacrario entro cui è rimasto, per tanto tempo, nascosto il mistero delle trattative per quella lega, mistero che ha dato origine a tanti ingiusti apprezzamenti, a tanti falsi giudizi della maggior parte degli scrittori, anche degli ottimi, dal Gioberti al Farini, dal La Farina al Bianchi, intorno alle influenze che quel disegno concorsero a fare andare a vuoto.

«Questo progetto dal Rosmini medesimo il 3 di settembre fu presentato al Papa» — così scrive l’illustre filosofo roveretano — «il quale lo accolse bene e disse che, tostochè il governo del Piemonte lo avesse approvato, egli avrebbe nominato una Commissione straordinaria di cardinali per esaminarlo (!). Non si lusingava il Rosmini, che le sue cure dovessero riportare l’esito desiderato, ma, come allora lo stesso diceva a monsignor Corboli, "egli non isperava niente, ma operava come se sperasse tutto; perchè gli pareva di far così il suo dovere, rimettendone il resultato alla Provvidenza"»1.

Queste parole, poco curate, a quanto io ne so, anche dagli storici posteriori al 1881, mi par chiaro che rivelino tutto. Pio IX, omai deciso, per le buone ragioni già da me esposte, non solo a non procedere più innanzi, ma a tornare indietro, baloccava sè e gli altri con quelle trattative, per tenere a bada i tumultuanti suoi sudditi, per guadagnar tempo e per evitare di entrare in guerra con l’Austria — la qual cosa era quella che egli non aveva mai voluto e che, molto meno, voleva allora —. Che esso ingannasse la lealtà del Corboli Bussi e la buona fede del Rosmini risulta evidente dal fatto che egli si riservava di fare esaminare il disegno di lega da una congregazione di Cardinali, il che, tradotto in moneta spicciola, significava affidare ai lupi la difesa delle pecore. E il Rosmini, che, non ostante la sua semplicità riguardosa e la sua venerazione per il Papa, non cessava

  1. A. Rosmini, Commentario cit., parte I, pag. 17.