Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/209

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La bella ed immortai gloria che è questa > la quale, col cadere tTim sasso, precipita! E i libri anch’ essi die recano in fronte, x) di propria mano o d’altrui* scritto il vostro nome; quantunque sembri che abbiano a durare assai più dei sepolcri j vanno incontro a innumerevoli sciagure, a cagione dei tanti avversi «asi o di natura o di fortuna. Cosi corrono anch’ essi il loro destino ! ai quali, quand'anche nuli*altro avvenisse dì sinistro, sta sopra il tempo della vecchiaia e della morte. E va bene che tanto accada a quelle fatiche, dietro cui si vanamente vi travagliate voi, o mortali. Ed è co’tuoi versi medesimi; epperqhè dovrei tralasciarli? «he io ti metto innanzi le tue fanciullaggini: » E de’libri al mancar, manchi tu stesso; » Cosi la morte a te terza sor viene ». Eccoti palese che giudizio io porti della gloria: nel che se spesi molte parole,' c forse più che non a me x> al tuo bisogno si conveniano, hanno a stimarsi poche ri«* spetto alP indole dell’argomento i quando però, anche quanto sinora ti venni dicendo, non ti paresse una favola. P. «— Tutt* altro che a modo di favolose ciance io accogliessi nell’animo le tue parole! che anzi mi destarono in cuore un nuovo desiderio di spogliarmi de’vecchi er»