Pagina:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu/115

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ragione e senza misura, rimasero stupefatti ed atterriti. Non si erano preparati, non avevano neppur sospettato una perfidia tanto forsennata. Essi avevano impegnata una lotta legale, e legalmente per mezzo del Parlamento ne aspettavano la soluzione. Cacciarvi in mezzo il cannone era una viltà degna sola di Ferdinando Borbone. Non pertanto quella piccola coorte di cittadini che aveva assunto, diciam così, il mandato di rispondere all’infame provocazione, generosamente si condusse. Essi mostrarono di che tempra fossero i liberali, e qual sorte sarebbe toccata alla masnada di corte ed ai suoi scherani se la battaglia fosse stata denunziata a tempo, preveduta almeno, e combattuta ad armi eguali. Finchè i cittadini ebbero polvere e piombo, i soldati non osarono avvicinarsi e lavorarono di cannone. Quando le munizioni furono esaurite, quando il fuoco ebbe cessato dalla parte dei nostri, allora la guardia reale, gli svizzeri, e i reggimenti della marina svilupparono la loro bravura. Con le artiglierie sfondarono i portoni ed aprirono le barricate, cui un solo uomo non guardava più: si slanciarono come belve nelle case, dove non trovavano che donne e fanciulli. Ma che importava? I valorosi del Falstaff della reazione non domandavano altro campo, non ambivano altri allori. I fanciulli furono sgozzati senza pietà: gli infermi precipitati dalle finestre: le donne stuprate, mutilate, assoggettate ad ogni specie d’insulto e di martirio, poi uccise: molte spinte a suicidarsi per iscampare al diabolico delirio di quegli assassini. Quanto mai nelle case vi potevano rubare, fu tolto: al resto messo fuoco. Attorniati da cadaveri, da supplicanti, da vituperate, si abbandonarono ad orgie che niuno an-