Pagina:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu/80

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21. Pubblicatosi lo statuto, re Ferdinando e gli alti funzionarii lo andarono a giurare nella Chiesa di San Francesco di Paola. I soldati lo giurarono anch’essi. Ma mentre gli si faceva sacramento, si progettava lo spergiuro e si cospirava. La vecchia macchina governativa era stata smantellata, ma non si badava niente affatto ad organizzare la nuova. Il reggimento della monarchia assoluta si aboliva con l’atto del 29 gennaio: il reggimento costituzionale, dopo un mese di esistenza, non s’incarnava ancora. In effetti nè di guardia nazionale, nè di legge elettorale, nè di convocazione del parlamento, nè della sformazione del corpo esoso della gendarmeria, nè della composizione dei pubblici uffizii parlavasi ancora. La forma del governo insomma era l’anarchia. I partiti lavoravano, ma in sensi diversi: gli agenti del governo e dell’Austria lavoravano anche essi, ma per avvelenare i principii del popolo ed alienarlo dalla libertà. L’ansietà quindi, l’incertezza e la collera ambasciavano il paese. La stampa, di accordo nel demolire, non sapeva proporre che inezie e sconcordanze. Essa non traduceva il volere della nazione, non indicava una strada all’opinione pubblica. Un pensiero energico e pregno di avvenire giammai concepivasi da essa, non istruiva il popolo, che pur tanto ne abbisognava, non conciliava gl’interessi di alcun partito, non illuminava nulla infine, null’altro che le piaghe ignominose del passato e le metteva in evidenza. Era scapigliata, ma non liberale nè riformatrice: rimuginava nella vita e nel cuore di qualche individuo, ma obliava la politica e non sorvegliava il governo. Avea le idee di un fanciullo, le passioni di un adulto. I clubi, espressioni individuali e non di un partito, non