Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/19

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rispondeva con un sorriso grave di accuse: de deo pauca, de rege nihil! Lo si riputava carbonaro, massone, mazziniano, unitario; egli vagheggiava tout bonnement le dottrine di Saint-Just e di Robespierre, la libertà della dittatura.

Don Diego non comprendeva chiaramente che gli estremi. Era inflessibile. Lo Statuto o la Carta, come la si chiamava allora, l’eclettismo, la grazia, la misericordia, le due Camere, la confessione e l’assoluzione, la provvidenza, la forma ideale, in una parola tutto il giusto mezzo della scienza, della politica, delle belle arti, della teologia, della filosofia, della società civile — era a’ suoi occhi un non senso. Tutto o niente! l’aut Cesar aut nihil del figlio di Alessandro VI: ecco la sua divisa. L’astinenza o l’orgia, l’ateismo o un dio-travicello, il rey neto o dei consoli al mese, l’aristocrazia o la plebe, la schiavitù della donna o l’amor libero al di fuori del matrimonio..., tali erano le sue credenze, la sua regola di condotta interna, pur subendo la legge inconseguente del mondo tal quale esiste. Il suo spirito non rinculava in faccia a qualsiasi abisso; la sua persona si curvava sotto il giogo sociale.

Si susurravano sul suo conto, nelle chiacchierate di provincia, le più infami, le più strane, le più assurde calunnie. Lo si credeva alchimista, amante di sua sorella, mago, fabbricatore di monete false, assassino di fanciulli e sacrilego, cospiratore, autore di libelli inguriosi, empio, socialista, ateo, santo che faceva dei miracoli per disannoiarsi, dotato della potenza di evocare gli spi-