Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/248

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— L’avete, dunque, sposata codesta donna? gridò la principessa.

— Ascoltatemi senza impazienza, signora, non vi nasconderò nulla. Riflettei due giorni. Consultai un amico.... ed accettai.

— Miserabile! ruggì la principessa.

— Non ancora, signora, non ancora. Ciò che avrebbe dovuto rischiararmi allora, se avessi avuto l’esperienza della vita, ciò che mi ha rischiarato di poi, sono le condizioni poste al matrimonio.

— Quali?

— Il matrimonio doveva restar secreto, io doveva tenermi separato da mia moglie.

— Separato! gridò la principessa interrompendolo, e lo foste?

— Sì, io sono ancora straniero a quella donna.

La principessa gli saltò al collo e l’abbracciò. Bruto continuò:

— Quando il conte annunziò queste notizie a sua figlia, quando gli ordinò di obbedirgli, essa volle avvelenarsi. Idolatrava il marchese. Il marchese, dal canto suo, le aveva promesso di sposarla. Ma Ruitz si opponeva. Il principe di Noto si sarebbe forse opposto anch’egli. Bisognava, dunque, forzar la loro volontà. Donde la sventura di Cecilia. Poi il marchese era scomparso rapendo una crestaia. Lo si era in seguito visto ancora in città, ma non mai più in casa del conte. Le lettere di Cecilia non avevano ricevuto riscontro. Tutto ciò, nondimeno, valeva poco. Cecilia l’amava sempre; ella addimandava una viltà infame, il mio consentimento. Il conte però tenne fermo; e vi dirò