Pagina:Pitrè - Canti popolari siciliani I, 1891.djvu/74

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48 CANTI POPOLARI


L’amante siciliano non ha parole che valgano a dimostrare la sua ammirazione per le bellezze della donna, la quale se altrui rimira fa tremare il cuore, e tronca sulle labbra qualunque espressione.

Quando ella nacque, e fu l’ottava del Signore, con acqua del Giordano la battezzò il Sommo Pontefice; le furono amici Palermo e Messina; se ne riseppe il nome fino a Marsiglia; Roma ne fece festa; ne maravigliò Napoli bella. Vennero a lei i Tre Re dell’Oriente con doni preziosi: e tosto tre aquile volarono a darne nuova al mondo universo. Pittore di lei Dio stesso, che la inviò dalle sfere celesti a conforto de’ mortali, restò delle sue bellezze infiammato. Le trecce d’oro filato dagli angeli giungono dalla lunghezza a’ piedi; diamante fine la fronte, archi trionfali le ciglia, stelle gli occhi, le labbra coralli, fonte d’ogni sapore la bocca. Come la neve e la seta d’Amalfi le donarono le carni bianche, sulle quali i più famosi pittori possono andare a dipingere, così la rosa di primavera le donò l’incarnato, il miele la dolcezza, il cinnamomo l’odore, la palma la maestà. Desiderio di re, principi e duchi, ella porta sul capo una ricchissima corona, e re e vicerè le son servitori; ed una volta che la regina di Francia osò sfidarne il paragone, chi non sa come ne uscì vinta ed oscurata! Per guisa che, se morta la regina dello Stato, dovesse la sola bellezza decidere del regno, il re senz’altro farebbe sua quest’amante siciliana, perchè degna in vita di seder co’ santi in paradiso, e di tenere vassalli quanti appariscono sulla faccia della terra grandi e potenti: