Pagina:Pitrè - Canti popolari siciliani I, 1891.djvu/97

Da Wikisource.

STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 71


guai„ ; l'una in mezzo alla città, tra il rumore degli abitanti, l'altra all’Ucciardone, in capo a uno scalo, solitaria, cinta di bastioni, circondata di fossi. Come dunque non lamentare tanta perdita, oggi che si può per semplici trascorsi capitare in galera?

  Sta liggi nova di Turinu vinni,
Ca pr’un cuteddu si va tridici anni.... 1.

È vero che a guardarla da lungi presentasi in bell’aspetto questa Vicaria, ma chi meglio del condannato siciliano può sapere quel che vi si patisce dentro? Quivi hanno fine i giuochi e gli spassi, quivi si spegne il fuoco della libertà. E pensare poi che questo luogo d’orrori costò tanti tesori. Maledizione a chi lo concepì, a chi lo fabbricò, a chi prima ne tenne il comando! Opera più malvagia non fu mai vista al mondo; pare che il demonio ne sia stato il capomastro. Dal dì che

  1. Si va tridici anni, vale: si va condannati; onde jiri sett'anni, vint’anni ecc., importa esser condannati a sette, a vent’anni di carcere. Avvertasi però non esser niente vero che il codice condanni a 13 anni i portatori di armi. Come si vede poi questo frammento inedito di canto è di recente formazione, e con quest’altro inedito esso pure:

                             Carzarateddu sugnu pri ’na donna,
                          E di Turinu aspettu la cunnanna,

    che ha tanti punti di contatto con lo stornello toscano:

                              Fiore di canna.
                          In carcere ci so’ per via di donna;
                          Dal caporale aspetto la condanna;

    è il secondo in cui si nomini la città di Torino, mentre, come vedremo nel progresso di questo scritto, altre metropoli d’Italia vengono in maniere differenti ricordate in più d’una canzona.