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Pagina:Pitrè - Canti popolari siciliani I, 1891.djvu/98

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72 CANTI POPOLARI


il povero cantatore vi sta dentro, il cuore gli si schianta, l’anima gli esce dal petto, gli si rodono le ossa, il corpo tutto ammiserisce e dimagra. Piange il leone della foresta, piangono gli orsi delle più profonde caverne, e piangi anche tu o madre, che vivo perdesti il figliuolo, scrivine il nome nel libro de’ morti, alzagli in memoria una funerea croce. Questa Vicaria nuova è l’anticamera dell’inferno; tombe di vivi le sue stanzette, allagate da immense piogge in inverno, dardeggiate dal sole in estate, bersaglio in ogni tempo de’ rigori delle stagioni, della malsania dell’argilloso ed umido suolo. Oh come vorrebbe un’altra volta uscir di tanto strazio il povero carcerato, e gustare quella libertà che gli hanno tolta! Egli lascerebbe la mala via, egli abbandonerebbe gli antichi compagni, che lo trassero a rovina, diverrebbe ubbidiente e devoto alla legge.

Ma un tal proponimento è indizio d’animo debole e vile, che il fa 1’uomo indegno de’ suoi camerati; bisogna adattarsi a’ loro gusti, con loro fremere e bestemmiare, maledire e tacere. Laonde i malandrini ricordano al consorte, altro essere il modo di stare in propria casa, altro quello di convivere con uomini, che sanno dove stringa loro la scarpa; quello di presentarsi al tribunale, differente dall’altro di governarsi col traditore dei giovani onorati; i veri uomini non potersi trovare dappertutto; uomini veri quelli che ne’ bagni e nelle segrete folleggiano e ridono come fanciulli:

  L’omu ch’è omu nun pari ’n campagna,
Pari ’ntra li dammusa sutta terra.
Lu judici mi dissi: — Figghiu, parra;