Pagina:Poe - Perdita di fiato, traduzione di A.C. Rossi, Bottega di Poesia, Milano, 1922.djvu/59

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Per due ore il mio compagno, che era un fanatico di musica, non distolse la sua attenzione dallo spettacolo; mentre lo nel frattempo mi divertivo ad osservare il pubblico composto quasi tutto dalla più eletta parte della cittadinanza. Assicuratomi di questo, stavo per accordare la mia attenzione alla prima donna, quando i miei sguardi furono arrestati ed avvinti da una figura in uno dei palchi privati, che era sin allora sfuggito alla mia osservazione.

Vivessi mill’anni, non dimenticherò mai l’emozione intensa colla quale contemplai quella figura. Era quella di una donna, la più squisita che mai mi fosse apparsa. Il suo viso rimase per parecchi minuti rivolto verso la scena, di modo che io a tutta prima non lo potei vedere, ma la linea era divina; nessun’altra parola varrebbe a dirne le proporzioni magnifiche; e anche l’espressione «divino» mi sembra, scrivendo, d’una ridicola insufficienza. Il fascino di una donna seducente, la magia della grazia femminile furono sempre forze alle quali mi trovai incapace a resistere, ma ora stava innanzi a me la grazia personificata, incarnata, il «bello ideale» delle mie più scapigliate ed entusiastiche visioni. La figura, che la conformazione del palco permetteva di vedere quasi per intero, era di altezza un poco superiore alla