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Pagina:Poemetti e liriche di Edgar Poe, Carabba, Lanciano, 1930.pdf/171

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POEMETTI IN PROSA 149

tava i sospiri di queste e il mormorio che di tra esse usciva. Io stavo nascosto a spiare l’uomo, che in quella solitudine tremava — ma la notte scorreva ed egli sedeva sulla rupe.

“Allora m’inoltrai nella palude, la guardai tra la strana solitudine delle ninfee, chiamai gli ippopotami che colà vivono negli acquitrini e, udito il mio richiamo, vennero insieme col behemoth sino alla rupe o ruggirono spaventevolmente alla luna. Io stavo nascosto a spiare l’uomo, che in quella solitudine tremava — ma la notte scorreva ed egli sedeva sulla rupe.

“Allora maledissi gli elementi con la maledizione del tumulto; e una spaventevole tempesta s’addensò nel cielo dove prima non spirava alito di vento. E il cielo divenne plumbeo pel violento uragano e la pioggia percosse il capo dell’uomo e le acque del fiume cominciarono a muoversi — spumeggiarono — le ninfee stridevano nelle loro culle — la selva era schiantata dal vento — il tuono brontolava cupamente – la folgore guizzava e la rupe vacillava dalle sue radici. Io dal mio nascondiglio spiavo gli atti dell’uomo, che in quella solitudine tremava — ma la notte scorreva ed egli sedeva sulla roccia.

“Allora, adirato, maledissi con la maledizione del silenzio, il fiume, le ninfee, il vento, la selva, il cielo, il tuono e i sospiri delle ninfee. Cosí maledetti non si mossero piú. La luna non tremolò piú pel suo sentiero celeste — il tuono tacque — il lampo non guizzò — le nubi s’arrestarono nella immobilità – le acque s’abbassarono come prima e cosí stettero — gli alberi non furono piú quassati — le ninfee non sospirarono piú – e il mormorio che da esse emanava piú non s’udí, né piú ombra di suono in quell’immenso sconfinato deserto. Allora guardai ciò ch’era scolpito sulla rupe e vidi ch’era altro; vi si leggeva: Silenzio.

“Guardai l’uomo: il suo viso era pieno di terrore.