Pagina:Poemi (Esiodo).djvu/138

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L’AGRICOLTURA


     Quando le Plèiadi, figlie d’Atlante, si levano in cielo,
tempo è di mietere; quando tramontano, è tempo d’arare.
385Esse quaranta giorni rimangono ascose, e quaranta
notti; e di nuovo, poi, volgendosi il giro dell’anno,
quando si arrotan le falci, ritornano, e brillano in cielo.

     Questa è la norma, dunque, dei campi, per quelli che al mare
vicino hanno soggiorno, per quelli che lungi dal mare
390hanno dimora in valli profonde, su pingui terreni:
di seminare ignudi, di spingere ignudi l’aratro,
indi badare al ricolto, se l’opre di Dèmetra tutte
compier si vogliono a tempo: ché ogni opera, a tempo compiuta
essere deve, se pure non vuoi, pel bisogno mendico,
395andare all’altrui casa, chiedendo, ma nulla ottenendo,
come or da me venisti. Ma nulla io ti vo’ regalare,
nulla vo’ in prestito darti. Lavora, stoltissimo Perse,
all’opre che i Celesti prescrissero agli uomini, attendi,
se pur non vuoi, crucciato nel cuor, con la sposa e coi figli
400chiedere un pane ai vicini, che cura di te non si dànno.