Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/43

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     E l’angiol di menzogna ambe le labbra
     Si morse, e crollò il capo, e disdegnoso
     35Disse: — Ebelin? Dov’è il suo pregio? Ei t’ama
     Perchè di beni è colmo. Il braccio or alza,
     Percuotilo, e vedrai s’ei non t’imprechi.
          Ed il Signor: — Giorni di prova a’ retti
     Forse non io so stabilir? Va; pongo
     40Entro a tue mani dispietate or quanto
     Agli occhi della terra Ebelin porta,
     Fuorchè la vita.
                                          L’avversario allora
     Avventossi precipite dal grembo
     Della nembosa nube, onde i mortali
     45Atterrìa lampeggiando; ed in un punto
     Fu su roccia dell’alpi. Ivi gigante
     Si soffermò, e da questo lato i campi
     Della lieta penisola mirando,
     E dall’altro le selve popolose
     50De’ boreali, l’una all’altra palma
     Battè plaudendo al sovrastante lutto
     D’entrambo i regni, ed esclamò: — Vittoria!
          La più squisita voluttà del male
     Pensò un momento qual si fosse, e al giusto
     55Fermò ignominia cagionar per mano. . . .
     Di chi? — D’amico traditore! Il colpo