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124 carlo castone rezzonico della torre

235Steso alternando la viola e l’ostro
l’ali-dorata figlia di Taumante,
che, troppo in ciel della sdegnosa Giuno
odiando l’impero, alfin si feo
del tranquillo filosofo compagna
240e messaggiera, da che vide il raggio,
nell’angolar tersissimo cristallo
per lui rifratto, lumeggiar le sette
tinte del suo bell’arco, e i vivi escirne
misti colori onde s’abbella il mondo.
245Ma la consorte del Tonante e suora
bieca mirò la fuggitiva, e indarno
a lei davanti per temprarne il duolo
spiega il pavon le gemmi-sparse penne.
     Cosí pel ciel la grave ombra movea
250del mio Neutòno. Al suo venir la valle
tacque e la selva, e per udirne i detti,
immemori del suon, corsero a gara
dal colle i fauni, e sulla patria riva
drizzarono l’ondosa urna le ninfe.
     255Io piú volte l’udii l’ascose leggi
di gravitá spiegarmi, e dolce ancora
la dotta voce nel pensier mi suona:
— Vedi — dicea — que’ sette globi? Il centro
di que’ moti è nel sol. La vasta massa
260dell’infocato suo terreno attragge
ogni minor pianeta, e con tal forza
stende su lor di gravitá l’impero,
che dovrebbero tutti a lui nel grembo
piombar miseramente, ésca aggiungendo
265di quel liquido foco all’ampio mare.
Ma provvido a’ pianeti un retto impresse
corso il gran Fabbro, e bilanciollo in guisa
col tiranno poter che al centro inchina,
che d’ambo uniti ne compose un curvo
270inalterabil raggirante moto,